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zaterdag, 18 juni 2022 10:21

Ontmoeting met Nachoem M. Wijnberg in Napels

Op woensdag 11 mei 2022 vond in Napels een evenement plaats met de Nederlandse schrijver en dichter Nachoem M. Wijnberg. De dichter, die ook een hoogleraar is aan de faculteit Economie en Bedrijfskunde van de Universiteit van Amsterdam, bezocht een aantal boekhandels en Universiteiten in Italië dankzij de publicatie van de Italiaanse vertaling van zijn gedichtenbundel Afscheidswedstrijd, die in 2019 verscheen. Deze Italiaanse vertaling verscheen met de titel Partita D’Addio door de uitgeverij Raffaelli Editore, en was bewerkt door Herman van der Heide, Wouter de Leeuw, Stefano Musilli en Marco Prandoni.

In de middag ontmoette Wijnberg de studenten van de bachelor- en masteropleiding Nederlands van de Universiteit L’Orientale van Napels. De studenten waren echt benieuwd naar het werk van de dichter en daarom hebben zij verschillende vragen gesteld. Wijnberg heeft gesproken over zijn relatie tussen hem en de voetbalsport (het centrale onderwerp van zijn gedichtenbundel is voetbal als metafoor voor het menselijke leven), over zijn ervaringen als auteur en professor en over zijn idee van poëzie als onderzoekinstrument: volgens hem, gaat poëzie niet alleen over emoties, maar ook over wetenschap. Door poëzie kan hij kennis nastreven.

 

Om 17:30 uur trad Wijnberg op in boekhandel Ubik. De presentatie was verzorgd door de vakgroep Nederlands van de Universiteit L’Orientale: prof. Franco Paris, prof. Annaclaudia Giordano en de promovenda Frianne Zevenbergen. Het hele evenement was in het Italiaans en in het Nederlands gehouden; de prijswinnend dichter las een aantal gedichten uit Afscheidswedstrijd voor, gevolgd door prof. Paris die de bijbehorende vertalingen las.

Naast het lezen van de gedichten, werden er ook vragen gesteld door de leden van de vakgroep Nederlands. Prof. Paris stelde een vraag over de relatie tussen poëzie en wiskunde, terwijl er twee vragen waren voorbereid door prof. Giordano en Frianne Zevenbergen en ze gingen over het thema van kansen en de stijl in zijn gedichten.

 

 

 

Voor Wijnberg is de relatie tussen wiskunde en poëzie niet schematisch, maar een correlatie met objecten. Kansen zijn bovenal gemiste kansen, waarvan je afstand neemt als je naar het verleden kijkt. Wat de stijl betreft, verklaarde de dichter dat hij een begrijpelijke woordenschat gebruikt in een complexe poëtische compositie, alsof een wedstrijd te simuleren.

Ten slotte, toonde het publiek interesse door vragen te stellen en opmerkingen te maken.

 

Deze ervaring was heel inspirerend en interessant. Het was een geweldige kans om zo'n auteur te ontmoeten en op een heel open manier met hem te kunnen praten.

 

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donderdag, 29 september 2016 00:00

Il chiaro segno dei nederlandici extra muros

Di fronte a Il segno elusivo. La traduzione italiana della poesia in neerlandese (e afrikaans) del XX e XXI secolo (Raffaelli editore) il lettore a digiuno di nederlandistica scoprirà l'esistenza, tra i Paesi Bassi e le Fiandre, di una letteratura capace di esprimersi nella propria lingua, il neerlandese. È questa una lingua della quale nemmeno gli esperti sono sicuri di come vada chiamata. Al netto della confusione, tanto varrà farne una risorsa. E anche le imponenti figure che si ergono dalla piatta distesa della memoria scolastica si muovono elusive: Baruch Spinoza era un sefardita d'origine portoghese; Erasmo da Rotterdam, che forse era di Gouda, trascorse a Rotterdam non più di tre anni; e Anne Frank era tedesca. Dei tre, soltanto l'ultima scrisse in olandese (neerlandese o nederlandese) e per un tempo tragicamente circoscritto; gli altri si servirono del latino, tra Cinque e Seicento resistente lingua internazionale della cultura: pare che Erasmo pronunciò però, in fin di vita e in corretto olandese, "Lieve God".

Il volume, curato da Herman van der Heide e Marco Prandoni, offre per la prima volta una visione articolata e parziale della poesia olandese, fiamminga e in afrikaans secondo l'osservatorio della traduzione in italiano negli ultimi settant'anni circa. Dico per la prima volta perché il quaderno dedicato alla poesia olandese nell'Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea 3 (Raffaelli Editore) reca la firma degli stessi curatori. Nel complesso i dieci saggi raccolti, di media lunghezza, testimoniano anzitutto l'operato curioso di una piccola e recente comunità accademica: una curiosità, e anche uno stupore, che ricordano le prime esplorazioni di una breve terra vergine o con segni antropici ormai fossilizzati, dove l'incontro con i nativi invoca da subito comprensione e scongiura fraintendimenti, fino a prodursi in quell'arte instabile di trarre le conseguenze da più lingue, nota anche come traduzione.

Distante da questo pionierismo è però qualsiasi approccio ingenuo, da cercatore di pepite, o conquistatore d'Indie. Si tratta infatti di una comunità bensì navigata, per quanto le ragioni che spingono a incrociare le rotte di una letteratura oggi così marginale siano spesso dettate da casi e coincidenze, ma che conserva una freschezza altrimenti rara in letterature ampiamente canonizzate. Si prenda l'esempio di Giorgio Faggin (Il piacere di tradurre Nolens), la personalità che per importanza, esperienza e vastità d'interessi si presenta subito come essenziale per comprendere gli sviluppi della nederlandistica italiana e che potrebbe di conseguenza atteggiarsi ad autorevole barone: il suo saggio è al contrario una singolare presa in diretta dall'officina di traduttore dal prediletto fiammingo, tra carte biffate, repentine decisioni e mediazioni epistolari con Leonard Nolens. Quest'ultimo, « concreto ed esistenziale » poeta fiammingo che il traduttore incontrerà nel « buen retiro di Missenburg », si rivela non soltanto un esigente artista, ma anche un buon conoscitore dell'italiano e un cavilloso lettore dell'antologia di Mengaldo, malignamente adoperata per convincere Faggin a ripristinare le maiuscole d'inizio verso.

Chi studia una letteratura minoritaria incontrerebbe insomma la ventura di non trascorre un'acida vecchiaia. Ancora meritevole, per nulla inacidita ma senz'altro vecchia è la Poesia olandese contemporanea della coppia Gerda van Woudenberg e Francesco Nicosia, uscita nel 1959. In Gerda van Woudenberg (1911-1975) di Jeanette E. Koch, il profilo della traduttrice si staglia come quello di una « battistrada » sensibile all'apertura della poesia verso l'Europa, un progetto oggi ridimensionato, allora vivo. Ma l'antologia, pur escludendo la parte fiamminga, fu davvero una pietra miliare calorosamente accolta anche da Giorgio Caproni: « quest'antologia è un dono di poesia e un forte invito al viaggio... ». Altro ritratto da leggere sinotticamente è  di Charles van Leeuwen, che ripercorre le vicende traduttive di Luisa van Wassenaer-Crocini: siamo agli albori di questa appartata professione.

Il rapporto tra poesia neerlandese e poesia italiana viene indagato da Gandolfo Cascio in A shock of recognition convocando attorno a Gerard Reve una formazione di poeti italiani legati al tema materno. Il caso di Reve è emblematico: il suo romanzo De avonden, apparso nel 1947, divenne in breve tempo il manifesto disperato di una generazione di giovani che nello sguardo aveva ancora l'ombra cinerea di una guerra voluta dai propri padri; eppure la sua carriera di poeta, tra vani sforzi, non decollò mai. In un saggio ad alto tasso di comparazione, a volte un poco inebriante, la necessità di avviare il dialogo tra una poesia pressoché sconosciuta ma reattiva al contesto internazionale e una poesia oberata da una tradizione troppo augusta per le deboli propaggini attuali è sempre minata da un'oggettiva difficoltà di mediazione.

A Marco Prandoni spetta il compito di presentare le Gerichte gedichten di Willem Jan Otten, scrittore che al tipico eclettismo letterario olandese ha saputo coniugare, al contrario di Reve, un successo altrettanto versatile. La discussa conversione al cattolicesimo di questo vulcanico e vondeliano autore, vissuta anche con estremismo, ricorda, più che l'inquieto cattolicesimo del primo Novecento, quello carnale e passionale di Testori. Anche se entrambi interrogano le origini del teatro moderno, gli esiti sono molto diversi: basti leggere i cori "indirizzati" tratti dalla riscrittura di Gysbrecht van Aemstel, opera teatrale di Vondel che dopo tre secoli di ininterrotta presenza sul palcoscenico « era stata eliminata dal repertorio nel fuoco della rivoluzione culturale ». D'accordo con l'esigenza di farsi cercatore degli « schrijvende Christuszoekers » (« cercatori di Cristo nella scrittura »), Otten recupera, tra scarti attualizzanti e un adattamento piuttosto conservativo, il tema della Natività. Il saggio, tra i più informati, ricostruisce inoltre il dibattito avvenuto attorno al controverso Otten.

Altrettanto versatile è il fiammingo Hugo Claus, scrittore intertestuale di cui Franco Paris in Hugo Claus, il segno allusivo offre giustamente un esempio di poesia ekphrasis ispirata al pittore Hieronymus Bosch. Traduttore dalle lingue classiche, Claus pone al centro della sua opera un'allusività concreta, quasi corporea, che lo avvicinò a movimenti d'avanguardia come i CoBra. In Visio tondalis il bestiario allegorico di Bosch popola una catabasi violenta e altrettanto immaginifica, innervata di continui rimbalzi tra la pagina e la tela. L'arte allusiva di Claus non è però la pedante promiscuità di un Pound o il ludus anarchico e capriccioso delle avanguardie novecentiste: come suggerisce l'equilibrata e precisa ricostruzione dell'infaticabile Paris (buona parte della narrativa contemporanea olandese, prima di raggiungere le librerie, attraversa il suo studio), Claus gestisce con « affilatezza linguistica e tematica » una discesa agli inferi interiorizzata e priva dell'allegorismo didattico della sua fonte pittorica.

Un grande estimatore di Martinus Nijhoff, Josif Brodskij, è al centro del triplice salto linguistico tentato da Alessandro Niero (Iosif Brodskij traduce poeti della resistenza olandese), che facendo perno sul poeta naturalizzato statunitense traccia una linea di congiunzione tra canti partigiani olandesi, traduzione interlineare in russo e nuovo volgarizzamento in italiano. Se ciò non bastasse, a complicare il quadro intervengono la nulla conoscenza dell'olandese da parte di Brodskij e un conflitto tra la sua posizione antisovietica e la collocazione editoriale delle traduzioni, che qualche censore ha provveduto a omologare nel risentimento contro gli avversari tedeschi.

Uno dei saggi più curiosi, Scrivere Van de Woestijne di Jean Robaey, dichiara nettamente che la traduzione, per essere davvero tale, e soprattutto nella versione in italiano del neerlandese, deve valere come testo autonomo, ricreazione poetica di un'originale che in qualche modo misterioso vi infonde la sua presenza. E però il neerlandese è intraducibile. Troppo diverso l'ordine delle parole; troppo difforme l'accento tonico; troppo filologico il contesto d'arrivo. Il medium non può essere la lingua se prima non avviene una sorta di immedesimazione totale, ai limiti del mistico, tra autore e traduttore. Quest'ultimo è quasi parlato dall'originale. Si traduce il senso, non la lettera, diceva il citato San Girolamo. Ogni testo è un testo sacro? La risposta è già nell'officina aperta del traduttore impegnato a scrivere, ad essere Van de Woestijne. La devozione di Robaey non arriva però a richiedere altrettanto al lettore della traduzione, che non è obbligato a sua volta a essere il traduttore, in questo caso Robaey stesso.

Sulla scorta di K. Michel, poeta olandese tra i più interessanti nog levende, discendiamo in lande più a misura d'uomo (Il controcanto parodico in K. Michel) guidati dalla sobria scrittura di van der Heide (da tenere a mente: la pratica olandese di scrittura è così compattamente più sobria della rettorica italiana, che il lettore italiano potrebbe considerarla piatta per la stessa ragione che gli fa vedere in scrittori come Moravia e Cassola esempi di prosa sciatta, poco meditata. Quasi sempre falso.), intessuta di citazioni secondo l'esempio di Benjamin e funzionale al tema parodico, costante nella produzione di K. Michel. La lotta dei Paesi Bassi contro l'acqua, mito fondativo della nazione, viene rovesciata dal poeta e indirizzata alle montagne da cui scorrono i fiumi che innervano il territorio olandese: montagne remote, esse stesse un controterritorio parodico rispetto all'onomastica assenza di rilievi olandese. Discutere dei fiumi, in questa terra, vuol dire discutere la propria identità: congrua è allora l'immagine della scimmia, che oscilla tra imitazione e parodia (non a caso la stessa immagine è centrale in un poeta sia pure diversissimo come Matteo Marchesini). E seguendo ancora il cammino dell'acqua, il viaggio si conclude in Verby-Voorbij di Francesca Terranato circumnavigando l'Africa, con la sosta propiziatoria a Capo di Buona Speranza: a partire dalla vita di un villaggio di pescatori, conosciamo la figura di Ronelda Kamfer, nota poetessa in afrikaans.

Ribadisco in chiusura la novità di questo volume. Inoltre la ricchezza di traduzioni lo rende da un lato godibile come un'antologia ragionata e dall'altro lato, una volta integrata la mediazione degli studiosi, elastico per la possibilità di spulciarlo oziosamente. Potrebbe perfino succedere di dare finalmente una solida autonomia extra muros ma intereuropea al progetto della nederlandistica italiana, senza la pesanteur delle attrezzatissime gergali intenzioni accademiche.

Il segno elusivo: la traduzione italiana della poesia in neerlandese (e afrikaans) del XX e XXI secolo (Raffaelli Editore, 2016)
Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea 3 (Raffaelli Editore, 2015)

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maandag, 18 december 2017 16:24

Sinterklaas vieren op de universiteit in Napels….

In de verte zie je een boot vol met gekleurde mensen die rond een bebaarde man staan. Wie zijn ze? Een groep enge piraten? Nee… zeker niet! Ze zijn Sinterklaas met zijn helpers, de Pieten!
In november, in Nederland, is het tijd om te feesten. De steden worden met leuke lichten versierd. Deze lichten samen met de sneeuw scheppen de sfeer van de koude Nederlandse steden die we allemaal op een kaartje hebben gezien. Sinterklaas komt uit Spanje om grappige cadeautjes aan de kinderen te geven. Iedereen is blij, de wegen zitten vol met mensen van alle leeftijden die vergaderen om deze bijzondere traditie te vieren. We hebben dezelfde magische sfeer willen creëren in onze universiteit “L’Orientale” van Napels. Op 5 december hebben we met de andere studenten van de Nederlandse cursus en onze twee leraren, prof. Franco Paris en prof.ssa Luisa Berghout, elkaar ontmoet in een kleine klas. Iedereen heeft iets te eten of te drinken meegebracht en, om half vijf, zijn we begonnen te vieren. Met de hulp van gezellige liedjes voelden we ons echte Nederlanders! Ook al waren we in Napels die natuurlijk warmer dan Amsterdam is (..).
We hebben allemaal met elkaar gemeen een sterke passie voor deze taal en deze cultuur en Sinterklaas was een goede kans om deze band beter te voelen.
5 december 2017
De studenten van L’Orientale, Napels

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vrijdag, 01 juli 2022 10:50

Vertaalworkshop met Carmien Michels

Tijdens het laatste semester hebben wij, de masterstudenten van Napels aan de vertaling van Hannibal gewerkt. Het is een verhaal uit de bundel Vaders die Rouwen, het laatste werk van de Vlaamse schrijfster Carmien Michels. In het boek wordt telkens de geschiedenis van de protagonist door een andere personage verteld, die in dit geval haar kompaan Bowie was. Volgens de opdracht moest iedereen een hoofdstuk vertalen. Zoals het vaak gebeurt voor vertalers, hadden wij ook enkele vertaalproblemen, namelijk uitdrukkingen die moeilijk waren om in het Italiaans weer te geven.

Na een bespreking met de docent, bleef nog maar een optie: een ontmoeting met de auteur. Dat maakte natuurlijk deel uit van het project! In feite is in mei Carmien Michels naar Napels gereisd om de studenten te ontmoeten. Op 4 mei hebben wij een presentatie over haar gehouden, met een diepe analyse van haar werk.

Voor de daaropvolgende dag werd een vertaalworkshop met haar georganiseerd. Carmien was heel blij om de studenten te helpen. Tijdens het college was ze beschikbaar om suggesties te geven op elke mogelijke wijze, ook met beelden en het gesticuleren. De suggesties werden daarnaast ook gegeven volgens de klanken van woorden, waar zij veel aandacht aan besteedt. Hoewel ze geen Italiaans sprak, was de doeltaal geen obstakel voor haar: dankzij de hulp van de docenten en haar basiskennis van de taal, probeerde de schrijfster de betekenis van de Italiaanse woorden te begrijpen.

De twee uren gingen heel snel voorbij en aan het einde was iedereen enthousiast over de workshop. De ontmoeting met schrijvers is immers altijd stimulerend voor studenten, want het geeft de mogelijkheid om in aanraking met de Nederlandse en de Vlaamse cultuur te komen. In dit geval was het een belangrijke ervaring voor de masterstudenten: enerzijds hadden we de kans om vertaalproblemen op te lossen, zodat we een goede vertaling konden krijgen, anderzijds was het een mogelijkheid om het vertaalwerk te ervaren, een activiteit waar meestal de relatie met de auteur onmisbaar wordt.

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donderdag, 25 mei 2017 15:33

Joost van den Vondel – De Beemster

Non aveva tutti i torti, John Ogilby, quando in un pamphlet del 1665 paragonava gli olandesi a dei rospi. Certo, erano i tempi delle guerre anglo-olandesi, e per lo scozzese Ogilby mappare con una mano le strade della Brittania e con l’altra, senza contraddizione, adattare una famosa favola di Esopo a invettiva rivolta ai viscidi avversari sguazzanti nel Mare del Nord, significava osservare i propri doveri di suddito con scrupolo appena eccessivo.

I 18 versi di De Beemster, scritti nel 1612 dal poeta che con gravissima approssimazione possiamo chiamare il Dante dei Paesi Bassi, Joost van den Vondel, mi hanno offerto l’occasione di scrivere qualche parola su un rapporto che da più di un anno incontra il mio interesse: quella tra poesia e paesaggio; rapporto, come quello tra gli olandesi e l’acqua, anfibio. Del Beemster primo polder d’Olanda e della poesia di Vondel parlo in un articolo (“Un paesaggio reversibile. Il caso di De Beemster di Joost van den Vondel”) che voleva essere introduttivo e insieme accidentale, pubblicato nel sedicesimo Quaderno Acerbi: si dovrebbe capire fin dove Ogilby avesse ragione.
Non bisogna infine tacere che oggi dire Beemster significa soprattutto evocare, procurarsi e assaggiare l’omonimo buonissimo formaggio (kaas). Se capitate nei Paesi Bassi, fateci caso.

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